Benvenuti NEL Nostro Sito

Nasce un Movimento che tende ad UNIRE "tutti" Gli anti-Berlusconiani e Tutti Gli Uomini che sono Contro il Governo di centrodestra che da Anni sta Facendo Danni al Paese Creando squilibri Sociali passando  dalla diminuzione dei Diritti sul Lavoro alla limitazione  delle Libertà democratiche. Hanno trasformato la Costituzione  in  una mera  Carta Senza alcuna importanza.

UNIRE TUTTI GLI UOMINI E LE DONNE CHE SI SENTONO LIBERI ED INDIPENDENTI E IL NOSTRO OBIETTIVO

PORTARLI A LOTTARE CONTRO IL SULTANO E 'IL NOSTRO COMPITO.

E' COMPITO DI TUTTI I DEMOCRATICI DI QUESTO PAESE SPINGERE LE PERSONE AD ANDARE A VOTARE CONTRO  BERLUSCONI SOLO COSI  RIUSCIAMO A RIPRENDERCI LA VITA POLITICA DEL PAESE SENZA DELEGARLA A DELINQUENTI E RAZZISTI DA STRAPAZZO.

A MILANO CON PISAPIA 

A NAPOLI CON DE MAGISTRIS

IN ITALIA CON TUTTI I CANDIDATI SINDACI DEL CENTROSINISTRA.

 

Foto di Sfida


 

 

            

Tutti i Gruppi coprono tutte le regioni e cercano di rispondere ai problemi del territorio parte integrante  dell'Intero paese. Quindi iscrivetevi ai nostri gruppi e dateci sempre più forza

Bruno Morra

 

      No B Day 2- No Berlusconi Day 2         

 

      Modena city Rammblers

COSTITUZIONE

DELLA REPUBBLICA ITALIANA

 

Principi fonamentali:

 

art.1) L'Italia é una Repubblica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

art.2) La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'umo sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica economica e sociale.

art. 3) Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali d'avanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.                                                                                                                                           E'  compito della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitano di fatto la libertà e la ugualianza dei cittadini, che impediscono il pieno sviluppo della persona umana l'effettiva partecipazione di tutti lavoratori all'organizazzione politica, economica e sociale del Paese.

art. 4) La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effetivo questo diritto.

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibbilità la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

art. 5) La Repubblica, è indivisibile, riconosce è promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i pricipi ed i medoti della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.

art. 6) La repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.

art. 8)  Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno del proprio ordine, indipendenti e sovrani.

I loro rapporti sono regolati dai patti Lateranensi. Le modifiche dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.

art. 9) La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scentifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

art. 10) L'ordinamento giuridico Italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.

La condizione giuridica dello straniero é regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.

Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democatiche garantite dalla Costituzione italiana, ha dirtto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.

Non è ammassa l'estradizione dello straniero per motivi politici.

art. 11)  LItalia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazinali rivolte a tale scopo.

art. 12)  La bandiera della Repubblica é il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni  

La legge costituzionale 21 giugno 1967, n. 1 ha disposto che l'ultimo comma dell'articolo 10 e l'ultimo comma dell'articolo 26 non si applicano ai delitti di genocidio.

 

 

 

 

 

DIRITTI E DOVERI DEI CITTADINI

TITOLO I  RAPPORTI CIVILI

Art. 13.) La libertà personale è inviolabile.

Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.

In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l'autorità di Pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'Autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto. - È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. - La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.

Art. 14.)  Il domicilio è inviolabile.-Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale. - Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali.

Art. 15.) La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. - La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'Autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.

 

Art. 16.) Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. - Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche. - Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge.

Art. 17.) I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi. - Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. - Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.

Art. 18.) I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale.

Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.

Art. 19.) Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.

Art. 20.) Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività.

Art. 21.) Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. - La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. - Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili. - In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'Autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'Autorità giudiziaria. - Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo di ogni effetto.-

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. - Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.

Art. 22.) Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome.

Art. 23.) Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.

Art. 24.)Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. - La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. - Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. - La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.

Art. 25.) Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge. - Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. - Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge.

Art. 26.) L'estradizione del cittadino può essere consentita soltanto ove sia espressamente prevista dalle convenzioni internazionali. - Non può in alcun caso essere ammessa per reati politici. [4]

Art. 27.) La responsabilità penale è personale. - L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. - Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. - Non è ammessa la pena di morte. [5]

Art. 28.) I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.

 

 

 

 

 

TITOLO II 
RAPPORTI ETICO-SOCIALI

Art. 29.)La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.-Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare.

Art. 30.)È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.-Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti._La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.-La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.

Art. 31.)La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.-Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.

Art. 32.)La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.-Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Art. 33.)L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.-La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.-Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.-La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.-È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale.-Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.

Art. 34.)La scuola è aperta a tutti.-L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.-I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.--La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

 

 

TITOLO III
RAPPORTI ECONOMICI

 Art. 35.) La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. - Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro. - Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell'interesse generale, e tutela il lavoro italiano all'estero.

Art. 36.) Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. - La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. - Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.

Art. 37.) La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. - Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. - La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato. - La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.

Art. 38.) Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale.             I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. - Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale. - Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. - L'assistenza privata è libera.

Art. 39.) L'organizzazione sindacale è libera. - Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. - È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica. - I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.

Art. 40.) Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano. [6]

Art. 41.) L'iniziativa economica privata è libera. - Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. - La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

Art. 42.) La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. - La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. - La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale. - La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.

Art. 43.) A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.

Art. 44.) Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità produttive; aiuta la piccola e la media proprietà. La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane.

Art. 45.) La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata.- La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità. - La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell'artigianato.

Art. 46.) Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.

Art. 47.) La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito. - Favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese.

 TITOLO IV 

RAPPORTI POLITICI

Art. 48.) Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. - Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico. - La legge stabilisce requisiti e modalità per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero e ne assicura l'effettività. A tale fine è istituita una circoscrizione Estero per l'elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge.[7] - Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge.

Art. 49.) Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.

Art. 50.) Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità.

Art. 51.) Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini. [8] -       La legge può, per l'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica. - Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro.

Art. 52.) La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. - Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l'esercizio dei diritti politici. - L'ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica.

Art. 53.) Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. -Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.

Art. 54.) Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. - I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.

 

 

 

 

 

LA SOCIAL GUERRIGLIA

 16/11/2010 09:35

La Social Guerrilla della Cgil

 

La "Social Guerrilla" promossa dai giovani della Cgil sul web, attraverso prima annunci provocatori e poi proposte serie sul tema angoscioso della precarietà può aver fatto arricciare il naso a molti anche nella Cgil.  Perché è un'iniziativa che fuoriesce dai canoni tradizionali del sindacato fatto di contrattazioni, scioperi, riunioni, convegni, volantini, cortei, manifestazioni. Le ragazze e i ragazzi cigiellini hanno  cercato di utilizzare il linguaggio stesso di una buona parte delle nuove generazioni, usando termini anglofoni tipo, appunto, "Social Guerrilla" o "Flash Mob". Allocuzioni  che alludono a proteste, manifestazioni, campagne. Hanno altresì scelto come canale principale le diverse sedi del web: il sito internet, la pagina su Facebooh, Twitter. Perché è da questi snodi che passa ormai gran parte della nostra gioventù.

Una gioventù sfuggente che conserva nei confronti dei sindacati  (così come del resto nei confronti della sinistra politica) una lontananza estrema. E non è facile per i sindacati accostarli, stabilire una relazione, un colloquio.  Prendete il caso dell'Email spedita a questa rubrica che racconta la storia di tre bibliotecari  da cinque anni con contratto a progetto presso la biblioteca dell'Istituto intitolato a Ferruccio Parri,  a Bologna, nel cuore di una società progressista e di sinistra. Sono stati costretti, nel luglio scorso, ad uno sciopero bianco perché mentre era in corso una trattativa atta a regolarizzarli, venivano informati di uno spostamento di un dipendente comunale nella stessa biblioteca. Un atto che non facilitava le loro speranze di stabilizzazione.  Mi scrivono: "Gli operatori culturali sono per lo più precari, pertanto non hanno ad esempio facile accesso ai mutui, non hanno malattia, ferie retribuite, insomma se non sono fisicamente al lavoro non percepiscono stipendio. Spesso poi le retribuzioni sono sulla soglia di povertà - un assegno di disoccupazione è solitamente più elevato -, e non ci sono tredicesime che possano dare respiro. C'è chi deve ipotecarsi la vita per sposarsi e/o avere almeno un figlio".


Sono situazioni che creano sfiducia. Ecco perché nei commenti al sito dei "giovani non più disposti a tutto" leggiamo poche speranze. Come Manuela che invoca una manifestazione nazionale ma "senza rappresentanze politiche". Mentre Sara dubbiosa scrive "Adesso vediamo dove volete andare a parare. Un guerrilla e un viral hanno efficacia solo se si trasformano in qualcosa di vivo e concreto. Altrimenti restano solo fuffa". Mentre Lily osserva:  "Svelate il trucco. Dato che non credo sia un sito per aspiranti schiavi o prostituti... è viral marketing. Per cosa?". La risposta è venuta con la conferenza stampa di Susanna Camusso è l'impegno di una lotta, accompagnata da proposte, per "liberare" gli invisibili,il popolo dei precari.

 

Così la riforma Gelmini
ha fermato le università

Allarmi e proteste ormai non si contano: la legge - e si sapeva - ha bisogno di molteplici decreti che il governo dimentica: le funzioni della ricerca (tutte), la chiamate di progettisti, associati e docenti sono bloccate. Risparmi? No, paralisidi CORRADO ZUNINO

ROMA - La Legge Gelmini, oggi, ha fermato le università italiane. A partire dal mondo della ricerca, l'asset più citato, il più fragile in verità. Il motivo principe del motore fermo, e quindi dello spaesamento di matricole, studenti di lungo corso, assegnisti, ricercatori, finanche dei "prof" vicini alla cattedra, dipende dal fatto che la riforma universitaria è un tomo lungo e complesso e i decreti attuativi di cui abbisogna per essere trasformata in sostanza richiederebbero Consigli dei ministri in seduta permanente e non occupati dall'incandescente quotidianità della cronaca nazionale e internazionale.

Ci sono tre fonti che oggi consentono di certificare il "blocco universitario": le voci degli studenti universitari, i blog dei ricercatori (in particolare della Rete 29 Aprile), le proiezioni della Cgil scuola e ricerca. Uno dei nodi universitari è il nuovo ciclo del dottorato di ricerca: non può essere avviato perché occorrerebbe un decreto ministeriale, appunto, su proposta dell'Anvur, l'associazione nazionale di valutazione che è ancora lontana dall'essere operativa. Con la riforma tutte le borse di studio post-laurea sono state abolite, ad eccezione degli assegni di ricerca: i nuovi assegni sono bloccati, però, perché occorre un decreto ministeriale che ne fissi l'importo minimo. Gli assegnisti, va ricordato, nelle università italiane sono 16 mila.

Non è ancora chiaro se si potranno far partire i bandi per i nuovi ricercatori a tempo determinato: secondo la Cgil violerebbero la legge Tremonti che riduce drasticamente la possibilità di assunzioni a tempo determinato nella pubblica amministrazione (le assunzioni del 2011 dovranno essere inferiori al 50% delle assunzioni dell'anno precedente). E, tra l'altro, occorrerebbero regolamenti d'ateneo che oggi non possono vedere la luce visto che siamo ancora alla fase precedente ai regolamenti: la revisione degli statuti. Lo hanno già messo in evidenza gli universitari della Rete della conoscenza: la "Gelmini" esclude dalla partecipazione ai progetti di ricerca gli attuali borsisti e contrattisti, gli studenti della triennale e delle scuole di specializzazione, gli studiosi stranieri. Difficile non pensare che questa scelta non sia impugnabile come "discriminazione".

Sono bloccate, e il motivo va ricercato nella necessità di mettere a posto i regolamenti d'ateneo, lechiamate su posti di associato dei futuri abilitati e poi chi volesse assumere qualcuno degli attuali idonei non chiamati (oltre 1.500) non potrebbe beneficiare dei fondi del piano straordinario previsto dall'ultima legge di stabilità (anche qui siamo in attesa di un decreto ministeriale).

Questo è lo stato dell'arte dell'università italiana. Se si guarda in avanti, la situazione si fa disperante. Nel 2012 la maggior parte degli atenei italiani, condannati a bilanci in rosso fisso, potrebbe trovarsinell'impossibilità di reclutare docenti, a tempo determinato, a tempo indeterminato, per i vincoli finanziari aggravati dai nuovi tagli al finanziamento ordinario e dalle nuove regole di calcolo dei costi. La Cgil stima che il pensionamento previsto per il prossimo quinquennio porterà fuori dal sistema universitario il 50% dei professori ordinari e il 25% di associati e ricercatori: la metà non sarà reintegrata e ogni anno l'università italiana assisterà alla fuoriuscita di 600 professori ordinari mentre l'ingresso dei mille associati annunciati sarà frenato dal fatto che il 50% degli atenei non potrà fare assunzioni. Il taglio ai corsi di studio eccessivi e bizzarri, così voluto dal ministro Gelmini, si realizzerà naturalmente per la moria degli insegnanti.

I ricercatori? Tra pensionamenti e passaggi alla docenza si ridurranno di 2.000 l'anno. Un ricercatore borsista dell'Università di Parma, Cristian Cavozzi, dipartimento di Scienze della terra, ha segnalato la sua personale situazione. Il borsista da tre anni è impegnato insieme ad altri due colleghi in un progetto di ricerca finanziato interamente dall'Eni, ma nell'ultima stagione tutto è stato bloccato: "Non rientra più nelle forme contrattuali previste dal decreto legge". Per il 2011 la legge Gelmini non prevede il rinnovo per il bando ad hoc. Laura Romanò, rappresentante dei ricercatori, conferma: "Mancano i decreti attuativi, la legge ha azzerato tutto. Si rischia di andare avanti così per molto tempo". I tre ricercatori propongono una "moratoria" in nome del buon senso: "Non si potrebbe concedere una deroga alle borse in fase di rinnovo? Almeno prorogarle di qualche mese per dare un minimo di garanzie di continuità ai progetti di ricerca in corso". "La riforma", spiega Alessio Bottrighi, presidente dell'Associazione precari della ricerca, "non chiarisce se i vecchi assegni di ricerca possono essere rinnovati. E per i nuovi bisogna attendere il decreto del ministro". I vuoti normativi, dice Mimmo Pantaleo, segretario della Cgil scuola, "sta bloccando ogni forma di reclutamento e portando ad autentici licenziamenti di massa".

(22 marzo 2011)


 

 

LA PROTESTA

"Cultura e spettacolo al collasso, stop ai tagli"
Mobilitazione in teatri, cinema e musei

Contro il crollo della spesa statale per il settore, iniziativa nazionale il 26, 27 e 28 marzo. Si conclude al regio di Torino, con un incontro pubblico, fra denunce e proposte 

di ALESSIA MANFREDI ROMA - Tre giornate per dire no ai tagli per la cultura e lo spettacolo. Tre appuntamenti per informare e sensibilizzare cittadini, opinione pubblica e rappresentanti politici ed istituzionali, perché il settore, dal teatro alla danza, dalla musica al cinema, è in ginocchio. E il crollo di spese statali e sovvenzioni per l'anno in corso rischia di compromettere la sopravvivenza di moltissime attività, e di cancellare qualcosa come 220mila posti di lavoro, solo nello spettacolo. A rischio sono realtà di primo piano, note a tutti, pezzi della nostra storia: come Cinecittà Luce, che potrebbe chiudere i battenti; il teatro La Fenice di Venezia, che in questa situazione può garantire stipendi solo fino a luglio, o il festival delle letterature di Mantova, appuntamento di respiro internazionale, che quest'anno vedrà i finanziamenti del comune ridotti della metà. 

Tre giorni per la cultura. Alzano la voce Federculture, Agis, Anci, Upi, la conferenza delle regioni e Fai e presentano la loro mobilitazione per il 26, 27 e 28 marzo: tre giornate nazionali dedicate alla cultura e allo spettacolo, presentate oggi a Roma. Date in cui, su tutto il territorio nazionale, cinema, teatri, musei, biblioteche e luoghi della cultura diventeranno centri di mobilitazione, in cui distribuire volantini e manifesti informativi, per spiegare i motivi della iniziativa. Nelle sale cinematografiche verrà proiettato lo spot "Divieto di cultura", realizzato apposta. Si conclude il 28 marzo al
Teatro Regio di Torino con un incontro pubblico di denuncia e di proposta. Per far ritirare il fiato ad un settore che è sinonimo di prestigio, e, più prosaicamente, produce ogni anno valore per 40 miliardi di euro, incidendo per il 2,6 per cento sul Pil nazionale. 

Molte voci si sono levate con forza negli ultimi mesi per chiedere un ripensamento del governo sulla riduzione dei finanziamenti, denunciando una situazione ormai ai limiti, che ha portato anche a dimissioni eccellenti come quelle di 
Andrea Carandini 1dal Consiglio del Mibac. Il lancio di volantini 2 al Teatro dell'Opera di Roma, in occasione del Nabucco per le celebrazioni del 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia, ha riacceso i riflettori sul problema. Una marcia indietro è stata promessa a parole dal ministro Tremonti 3al maestro Riccardo Muti, per ristabilire il Fus, Fondo unico per lo spettacolo. Ma lo stato di crisi è senza precedenti nella storia repubblicana, denunciano gli addetti ai lavori. E non si paventa più una recessione, ma la vera e propria chiusura delle aziende e della produzione del settore, denuncia Roberto Grossi, presidente di Federculture: "Non bastano più le rassicurazioni verbali, in passato già disattese. Attendiamo atti concreti", dice Grossi.

Otto richieste. Sono otto le richieste rivolte al governo e al Parlamento dai promotori dell'iniziativa: Affermare la centralità della cultura nelle politiche economiche e sociali nazionali come strumento reale e documentato di crescita civile ed economica; assicurare livelli certi e adeguati di finanziamento del settore che ne permettano l'esistenza e lo sviluppo, iniziando dal reintegro del Fondo Unico dello Spettacolo; introdurre forme di incentivazioni fiscali per le donazioni a favore della cultura; garantire il tax-credit e il tax-shelter al cinema, attraverso risorse pubbliche o coinvolgendo tutte le realtà che utilizzano il prodotto film e non gravando sugli spettatori e/o sulle sole imprese dell'esercizio cinematografico; sostenere l'occupazione e lo sviluppo delle professionalità del settore, anche attraverso opportuni interventi formativi; investire su una efficace valorizzazione e tutela del nostro patrimonio culturale ed ambientale, coinvolgendo anche gli enti locali; promuovere i processi di modernizzazione nella gestione e nella produzione, anche sostenendo la creatività giovanile; attuare, infine, politiche culturali di livello europeo.

I tagli per il 2011. Anche il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, ha ricordato il valore centrale della cultura, della scienza e dell'istruzione, 
definendo poco intelligenti i tagli 4in questi campi. E il dossier dei tagli per il 2011 presentato dai promotori della mobilitazione fotografa una realtà a dir poco preoccupante: negli ultimi cinque anni l'intervento dello Stato nella cultura è sceso di oltre il 30 per cento. La dotazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali solo nell'ultimo anno, tra il 2010 e il 2011, è diminuita del 14,6 per cento, passando da 1.710 a 1.459 milioni di euro. A ciò va aggiunto il crollo del finanziamento statale dello spettacolo: il Fondo Unico per lo Spettacolo raggiunge nel 2011 il suo minimo storico: lo stanziamento sarà di 231 milioni di euro, quasi la metà del finanziamento del 2010 (-43,52 per cento). Non è difficile capire che le ripercussioni sui diversi settori dello spettacolo saranno pesantissime, dalle fondazioni liriche al cinema, alle attività circensi, alla danza.

Bisogna poi considerare che anche la riduzione dei trasferimenti statali per il 2011 alle Regioni - pari complessivamente a 4 miliardi  - e a Province e Comuni -  rispettivamente pari a 300 milioni e 1,5 miliardi  -  avrà inevitabilmente ricadute anche sulla spesa in cultura delle amministrazioni locali. Al taglio dei trasferimenti a Regioni ed Enti locali si aggiungono, poi, norme che impediscono a questi enti di spendere risorse dei loro bilanci, come ad esempio la limitazione al 20 per cento di quanto speso nel 2009 per mostre e promozione.

Nel 2009 lo spettacolo, nel complesso, ha generato una spesa del pubblico di quasi 3,5 miliardi di euro. Impiega 250mila lavoratori fissi, e con gli stagionali si arriva a 500mila. Gli scenari che si aprono, per la cultura italiana, rischiano di compromettere seriamente la sopravvivenza di moltissime attività. Sul fronte dello spettacolo, dicono gli organizzatori della mobilitazione, il taglio del 40 per cento delle risorse statali si tradurrà in tagli della stessa entità per la produzione e occupazione. Nel settore si perderanno 220mila posti di lavoro. Qualche esempio concreto? La danza riceverà la metà dei fondi rispetto al 2009 e centinaia, fra danzatori e maestranze, pederanno il posto. La Fondazione Santa Cecilia a Roma, per la riduzione del contributo del Fus, dovrà far calare il sipario su produzioni e terminare attività come la bibliomedioteca o la Juniororchestra. La biblioteca di storia patria a Napoli ha già chiuso, quella nazionale di Firenze resta aperta solo mezza giornata. 

Una situazione paradossale: la cultura è l'attività che "più di ogni altra rende riconoscibile e qualifica nel mondo il nostro Paese" ricorda Andrea Ranieri, responsabile cultura dell'Anci e assessore alla cultura del comune di Genova. "Ma il nostro governo sembra non saperlo", dice. Oltre ai tagli, preoccupa anche il fatto che è tutto fermo anche sul fronte delle riforme, sottolinea il vicepresidente dell'Agis, Maurizio Roi. "La legge quadro è bloccata  -  ha detto al Giornale dello Spettacolo -, non ci sono state risposte alla richiesta di modifica dei regolamenti, non è stata concessa l'apertura del tavolo sulle misure di protezione sociale dei lavoratori, tutte le promesse sono state puntualmente disattese". Uno stallo in cui lavorare diventa impossibile: "Così si distrugge ogni possibilità che amministratori seri e lavoratori di Teatri seri possano esercitare la propria responsabilità", sostiene Sergio Escobar, direttore del Piccolo di Milano. Anche la Biennale di Milano è in sofferenza: senza una cifra minima non si può progettare la prossima mostra, avverte il presidente Paolo Baratta. 

Per questo parte questo weekend la mobilitazione, ma già da domani ci saranno iniziative: a Roma, alle 14:30 in piazza Montecitorio ci sarà una manifestazione in difesa della danza, indetta da Federdanza Agis. Giovedì alle 11:30 è in programma un sit-in di protesta al ministero dell'economia. Venerdì 25 è sciopero generale della produzione culturale e dello spettacolo, con la serrata dei teatri. Da sabato, poi, si parte con la tre giorni nazionale, in tutta Italia. E il 27 marzo il settore teatrale italiano non festeggerà la giornata mondiale del teatro.

(22 marzo 2011)


 

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“No alla guerra e no a Gheddafi”. La posizione di SEL

domenica 20 marzo 2011 19:43 - di redazione - Categorie: Vetrina

Il  Coordinamento Nazionale di Sinistra Ecologia Liberta’, riunitosi oggi a Roma con la relazione di Nichi Vendola e la discussione successiva, ha approvato il seguente documento sulla vicenda libica:

La guerra contro la Libia è la risposta più sbagliata e pericolosa alla domanda di democrazia che si è affermata in tutto il Mediterraneo nel corso degli ultimi mesi. Chiediamo un immediato cessate il fuoco per consentire l’avvio di un negoziato tra le parti che abbia come interesse superiore quello della protezione delle popolazioni civili, con l’obiettivo di mantenere l’integrita’ e l’autonomia di quel Paese sotto un nuovo governo democratico. Chiediamo che si apra subito un corridoio umanitario per consentire ai profughi di salvarsidalla guerra e l’immediata predisposizione degli strumenti piu’ adeguati per garantire ad essi un’accoglienza su tutto il territorio europeo

A meno di ventiquattro ore dall’avvio dei bombardamenti da parte della Coalizione dei volenterosi appare evidente che lo scenario più  probabile è quello di una vera e propria escalation militare, che potrebbe portare ad esiti che vanno ben oltre la stessa risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ivi compresa l’invasione militare terrestre delle forze della coalizione.

Il presidente Sarkozy ha ribadito, fin dall’avvio dei bombardamenti francesi, che l’obiettivo da perseguire è quello di “andare fino in fondo”, prefigurando uno scenario di guerra che è ben distante dalle iniziali dichiarazioni di protezione delle parti che avevano partecipato alla ribellione contro il regime totalitario del colonnello Gheddafi. Per questo, fin da subito, come Sinistra Ecologia Libertà, avevamo espresso la netta contrarieta’ per la parte della risoluzione 1973 che consentiva l’uso dell’offensiva militare ad una coalizione di cui, oggi, l’Italia fa pienamente parte. Questa risoluzione è tardiva, a fronte di una situazione sul campo libico che necessitava un celere intervento politico e diplomatico a favore degli insorti quando questi ultimi avevano il pieno controllo di una parte importante del Paese e prima che Gheddafi potesse riorganizzare le sue forze e procedere alla riconquista delle zone liberate dal suo regime. Le settimane che sono trascorse hanno evidenziato la debolezza dell’intervento politico della comunità internazionale, che non è riuscita neppure ad imporre le sanzioni economiche e commerciali che avrebbero davvero indebolito il regime di Gheddafi, dal congelamento dei conti e delle partecipazioni azionarie legate al rais fino all’indispensabile e totale embargo del commercio delle armi.

Siamo convinti che il principio della non interferenza negli affari dei singoli stati sia un delitto contro un principio più grande ed importante, quello del rispetto dei diritti umani. Siamo altresì convinti che ogni qual volta la parola “umanitario” si sia accostata alla guerra si siano prodotte violazioni e violenze ancora più gravi. La realpolitik seleziona i diritti umani a seconda degli obiettivi strategici. Accade così che in Yemen si spari sulla folla che protesta, provocando decine di vittime, che in Bahrein ci sia l’intervento repressivo dell’Arabia Saudita, per non parlare di quanto accade da anni in Somalia o, più recentemente, in Costa d’Avorio, senza che vi sia una reazione degna da parte della comunità internazionale a garanzia del principio, evidentemente per essa NON universale, della tutela dei diritti umani.

Consideriamo il colonnello Gheddafi uno dei peggiori dittatori del pianeta. Senza esitazioni, mentre gran parte dei paesi occidentali lo riveriva, ne abbiamo denunciato le nefandezze. Mentre il presidente del Consiglio Berlusconi si affannava nel baciamano al tiranno, grato per i suoi servigi economici ed ancor di piu’ per la ferocia con la quale la Libia controllava il flusso dei migranti dall’Africa, noi eravamo dalla parte di chi chiedeva la revoca del trattato con la Libia e l’immediata messa in opera di misure che proteggessero le vite dei migranti detenuti nel deserto libico.

Siamo stati fin dall’inizio e senza esitazioni dalla parte delle popolazioniche, sollevandosi, hanno rovesciato i regimi autocratici della Tunisia e dell’Egitto, cosi’ come abbiamo sostenuto e sosterremo le mobilitazioni per la liberta’ e la democrazia in Marocco, Algeria, Yemen, Bahrein e Albania. Lo abbiamo fatto con convinzione, sicuri che il complice silenzio di Paesi oggi in prima fila nella guerra, come la Francia e l’Italia, fosse motivato da opportunismo balbettante oltre che dalla reale incomprensione di cio’ che in quei Paesi stesse accadendo, a partire dalla scomparsa dell’orizzonte fondamentalista nella narrazione di quelle società. E’ evidente, infatti, che gli unici soggetti che avessero rapporti con quelle realta’ fossero le forze della societa’ civile internazionale, nelle quali pienamente ci riconosciamo, e non certo le diplomazie a lungo complici dei regimi.

Per noi il no alla guerra e l’inimicizia e l’avversione nei confronti di Gheddafi hanno ugual rilievo. Dobbiamo uscire dal vicolo cieco tra inerzia e guerra per generalizzare il tema dei diritti umani e della democrazia.

Per questo chiediamo che il nostro Paese non partecipi, in ottemperanza all’articolo 11 della Costituzione e anche in ragione del passato colonialista dell’Italia, alla guerra promossa dalla cosiddetta Coalizione dei volenterosi e che, al contrario, l’Italia si faccia promotrice di una iniziativa politica per determinare il cessate il fuoco e l’apertura del tavolo negoziale, oltre  a richiedere l’applicazione delle parti della risoluzione 1973 che consentirebbero di promuovere un’ intervento positivo per il cambio del regime e la protezione dei civili. Per ottenere questo risultato è fondamentale il coinvolgimento dell’Unione Africana e della stessa Lega Araba, che stanno prendendo pesantemente le distanze dall’intervento militare. Gli stessi Paesi che si sono astenuti sulla risoluzione 1973, a partire dalla Cina passando per la Germania, il Brasile e la Russia, stanno indicando nell’intervento militare una forzatura della stessa risoluzione. Insistiamo nel credere che sia il tempo del cessate il fuoco per consentire a forze  di interposizione sotto chiaro mandato dell’Onu, di Paesi che non abbiano partecipato all’attacco di queste ore e che non abbiano interessi economici diretti nell’area, di garantire la transizione alla democrazia e la protezione dei civili.

Siamo molto preoccupati per ciò che l’intervento militare può voler dire per le stesse domande di democrazia espresse in quell’area, pregiudicando la direzione progressista delle rivoluzioni arabe: dal silenzio dei governi occidentali alla guerra come unico strumento di relazione internazionale, siamo di fronte al peggior volto dell’occidente.

Riteniamo che ci debba essere un ruolo completamente diverso dell’Europa. L’iniziativa francese e l’inerzia tedesca rappresentano l’evidente assenza di una politica comune. Le pericolose dichiarazioni di irresponsabilità dei governi europei, in cui l’Italia tristemente primeggia, nei confronti dei profughi ne evidenzia la regressione culturale e civile. Essere una superpotenza affacciata su un mare in ebollizione comporta tutt’altre responsabilita’. Si adotti, quindi, una vera politica euro-mediterranea, che impedisca alla guerra di essere la “continuazione dell’inesistenza della politica”. Si affronti l’emergenza profughi sospendendo il Frontex e determinando una nuova politica di accoglienza ed integrazione di uomini e donne i cui diritti umani non possono essere difesi con le bombe nei Paesi di provenienza, per poi essere calpestati appena mettano piede sul suolo europeo. Non si dimentichi mai che la piu’ grande violazione dei diritti umani Gheddafi l’ha messa in opera proprio sui migranti, su mandato delle potenze europee, e che di queste violazioni in primo luogo dovrà rispondere al Tribunale penale internazionale. Una politica euromediterranea che sappia tutelare davvero i diritti e la sicurezza delle popolazioni, a partire dal riconoscimento dei diritti e della sicurezza reciproca di Israele e Palestina.

Siamo convinti che questo sia il momento di coinvolgere l’opinione pubblica in una generale mobilitazione per i diritti umani, la democrazia e la pace. Proprio per questo chiediamo di non militarizzare innanzitutto i pensieri, di non abbandonare mai lo spirito critico e la cognizione delle conseguenze che gli atti di queste ore possono determinare. La costruzione della pace è l’unica alternativa e non possiamo scoraggiarci dicendo che il suo raggiungimento sia pieno di ostacoli. Costruire la pace significa dire la verità, emanciparsi da ogni logica di campo, essere contro i dittatori senza esitazioni e stare sempre dalla parte delle popolazioni che subiscono le violenze delle guerre.

Sinistra Ecologia Libertà

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UNA GUERRA PER IL PETROLIO

    Libia, governo in crisi: Berlusconi diserta l'Aula   22 marzo 2011 La crisi libica rischia di compromettere seriamente la politica estera italiana. Se ne è reso perfettamente conto Silvio Berlusconi il quale non fa nulla per nascondere il suo disagio di fronte alla piega...

 

A la guerre, à la guerre!

 

La tregua? Ci fosse davvero, oppure no, poco importa: non si voleva sentire, non si voleva verificare. E non lo si è fatto. La cosiddetta comunità internazionale, l'Onu con la sua sbrigativa risoluzione, gli Stati Uniti alla ricerca di una leadership appannata, la coalizione anglofrancese che senza percezione del grottesco si definisce dei «volenterosi», avevano già deciso. Comunque. Sarà guerra, deve esserlo. La no fly zone, la missione mirata - «umanitaria», of course - per proteggere la popolazione civile è una foglia di fico che non può nascondere più nulla. L'obiettivo, ormai dichiarato, è quello di abbattere Gheddafi. La missione diplomatica internazionale, che ancora in queste ore potrebbe essere tentata, per allargare a forza e tenere vive possibilità di dialogo fra le forze in conflitto prima che la situazione divenga irreversibile, non è neppure una peregrina ipotesi. Non lo è mai stata. Pressapochismo delle classi dirigenti europee, velleità neocolonialiste, crudi interessi e cattiva coscienza fanno pendere la bilancia dalla parte di un intervento armato che non avrà, come è evidente, né freni militari, né confini politici.
Come scriveva ieri, su La Repubblica, Guido Rampoldi, «bombarderanno, bombarderemo, senza avere un disegno chiaro, una nitidia prospettiva di quel che sarà e di quel che vogliamo che sia». 
Sospinta da sciagurato entusiasmo bipartisan, o da conclamato cinismo, l'Italia si accinge a partecipare di nuovo, da comprimaria, ad una guerra. E poiché l'irruzione delle armi accelera vorticosamente tutti i processi e libera anche le parole, ecco ridefinirsi in corsa l'obiettivo. «Guerra al tiranno, un intervento per giusta causa», titola Il Riformista. Per il Giornale, invece, la "giusta causa" è un'altra e il quotidiano della famiglia Berlusconi la rivela senza mezzi termini: l'Italia deve sparare perché le conviene. E' «una scelta necessaria per mantenere il nostro ruolo in Europa», ammonisce Alessandro Sallusti, che aggiunge: «non possiamo lasciare che Sarkozy e soci mettano mano da soli sulla Libia, sui nostri interessi economici e sulle nostre strategie politiche». Et voilà, ecco la verità squadernata con lugubre, spietata chiarezza. Insomma, il coinvolgimento dell'Italia nel conflitto serve per poi potersi sedere con qualche titolo di credito al tavolo (spartitorio) della pace. L'Unità, invece, in guerra ci va ma, beninteso, «col cuore gonfio» e Concita De Gregorio ci ricorda mestamente come «da sessantasei anni non siamo mai stati così vicini dall'essere un paese in guerra», dimenticando - potenza della rimozione - che la Costituzione ce la siamo gettata dietro le spalle già nella guerra del Golfo, in Iraq, in Afghanistan, e quando, una decina di anni fa, i nostri piloti parteciparono al bombardamento di una capitale europea, Belgrado, in un'impresa, anch'essa rigorosamente umanitaria, che Massimo D'Alema qualificò come una «straordinaria esperienza umana e professionale». 
Eccoci dunque, di nuovo, tutti avvinti alla nobile causa della difesa dei diritti umani, pronti a raccogliere l'anelito alla libertà dei popoli oppressi. Dove conviene, è ovvio. Quando lo sguardo si allarga al mondo diventa subito strabico e intermittente e la passione per l'altrui libertà più elastica e volatile. 
Si scopre allora che le satrapìe si possono combattere o sostenere, con ineffabile disinvoltura, alla bisogna, secondo il tempo e le circostanze; il massacro dei civili lo si può fermare oppure praticare in proprio, come «effetto collaterale» o «contingente necessità», o «male minore»; le risoluzioni dell'Onu, poi, sono come la pelle delle palle: si possono tirare da tutte le parti, si possono applicare con scrupolosa solerzia oppure ignorare del tutto, come ci ricorda la drammatica segregazione cui è costretto il popolo palestinese.
Non ci convincono, i mercanti di guerra, quando declinano ogni responsabilità politica e non tentano - qui ed ora - di imporre una soluzione pacifica che, si può esserne certi, non verrà dalle bombe. E provoca un senso di pena l'ipocrisia di quel mondo vagamente progressista, Pd in testa, che, praticando l'autofrode, ormai sostiene senza batter ciglio ogni avventura militare, fingendo che da lì passi la conquista della democrazia.

Dino Greco

in data:20/03/2011

 

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LOMBARDIA:Rispunta la legge ammazza-parchi "Arriva un'altra colata di cemento"

24.07.2011 11:53
  La Lega Nord e il Pdl ripresentano lo stesso testo che il Pirellone aveva bocciato Galli: "Adesso siamo pronti a dire sì". L'allarme dell'opposizione e degli ambientalisti di ANDREA MONTANARI Torna in consiglio regionale la battaglia sulla nuova legge sui parchi dell’assessore regionale...

Santoro replica a Berlusconi "Stampa non orienta elezioni

03.06.2011 18:48
      «Scusi presidente Berlusconi non le sembra esagerato dire che ha perso elezioni per colpa di Annozero?». Santoro ha aperto la sua anteprima della puntata di Annozero si stasera su Rai2, dedicata ai referendum del 12 e 13 giugno e si è rivolto al premier che ieri lo ha...

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UNA GUERRA PER IL PETROLIO

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Sinistra, molla D’Avanzo e torna a Gramsci

Piero Sansonetti
 
 

È difficile battere Berlusconi giocando a scacchi. Lui è più bravo. Seppe farlo solo una volta D’Alema, sedici anni fa, quando Berlusconi era ancora alle prime armi in politica, e D’Alema riuscì prima a sfilargli l’alleato più importante, e cioè Bossi, e poi a conquistarsi il suo luogotenente, e cioè Dini, e infine a sottrargli il governo e a compiere il famoso “ribaltone”, e cioè a portare la sinistra al potere sebbene avesse perso le elezioni.

Ma in quell’epoca (era il ’94-’95) D’Alema era ancora il “principe” della politica, non aveva rivali, e Berlusconi veniva dalla categoria dei dilettanti. Poi le parti si invertirono. Si invertirono quando Berlusconi diede scacco matto a D’Alema, nel ’97, facendo saltare la Bicamerale, cioè la commissione parlamentare che stava preparando una larghissima riforma dello Stato, e della Costituzione, e cioè stava costruendo la base istituzionale per la Seconda Repubblica. Per D’Alema quella sconfitta fu l’inizio della fine, per Berlusconi l’inizio dell’inizio. Da allora nessuno riesce più a batterlo con la manovra politica.

E così è successo anche in questo inizio 2011. Ci hanno provato vecchie volpi come Pierferdinando Casini, Gianfranco Fini, Francesco Rutelli, aiutati da Bersani e dallo stesso D’Alema, ma inutilmente. Berlusconi se li è giocati alla grande, è riuscito a evitare la crisi, ha ripreso saldamente in mano la maggioranza parlamentare e ora ha spostato la battaglia sul terreno che gli piace di più: la riforma della giustizia. E paradossalmente è tornato a gettare nel tavolo proprio le idee che lui stesso affossò, nel ’97, quando fece saltare la Bicamerale per tirare la fregatura a D’Alema e fargli assaggiare la polvere che D’Alema aveva fatto assaggiare a lui due anni prima.

E adesso? Il pallino lo ha in mano Berlusconi. Sulla riforma della giustizia non è molto facile fargli opposizione. Anche perché la riforma che lui ha presentato è una riforma democratica di stampo anglosassone. Molto, molto lontana dalle leggi ad personam che gli venivano imputate fino a un paio di mesi fa. Ora contestargli la riforma è un’impresa. Ci ha provato giorni fa Furio Colombo sul Fatto, elencando i dieci punti deboli. Ma se andavi a leggere nell’articolo non c’era neanche una contestazione specifica. Tutti e dieci i punti erano riassumibili in uno solo: “Tu non puoi riformare la giustizia perché sei Berlusconi e non hai l’autorità morale per proporre una riforma”. Non è una posizione molto forte, francamente. Se entri nel merito della proposta di nuova giustizia, l’unica obiezione concreta è questa: “indebolirebbe le posizioni dei giudici mentre oggi i giudici sono la spina dorsale della democrazia italiana”. Posizione davvero debolissima per una sinistra che abbia la pur flebile aspirazione a non essere semplicemente una appendice della magistratura, o la sua scorta armata.

E allora? C’è una sola strada per fronteggiare Berlusconi. Ed è quella di abbandonare l’antiberlusconismo e di accettare il confronto politico. Anche perché se si abbandona l’antiberlusconismo si spunta l’arma più potente di Berlusconi: “l’anti antiberlusconismo”… È la sua grande forza. Cosa vuol dire accettare il confronto? Vuol dire semplicemente riprendere la lotta politica in tutti i campi. Soprattutto in due campi: quello delle libertà e quello sociale. Vuol dire usare la “vittoria” berlusconiana sulla giustizia per spingerla “oltre” e trasformarla in sconfitta per la destra. Nel senso di accentuare lo spirito garantista della riforma, pretendere la sua estensione, spingerla verso le sponde libertarie, che non sono proprie della destra però sono il naturale sviluppo dello spirito della riforma proposta da Alfano. Battere Berlusconi nel campo della libertà – lo abbiamo scritto la settimana scorsa – vuol dire ad esempio offrire i voti della sinistra a favore della riforma, chiedendo in cambio che sia approvata contestualmente la riforma-Pisapia del codice penale, con le riduzioni delle pene e le depenalizzazioni. Se la sinistra strappa alla destra la bandiera libertaria, rimette le cose in ordine e mette in difficoltà la stessa destra, specie la destra reazionaria.

Sul campo sociale invece bisogna tornare a “produrre” proposta politica. È un terreno dal quale la sinistra è assente da almeno quindici anni, forse di più. È ovvio che è in difficoltà: non è più abituata. Però può ripartire dalla Fiom. Dalle lotte della scorsa estate e dell’autunno, dai risultati clamorosi del referendum alla Fiat. Esistono, sul campo, le forze per riprendere una battaglia sociale. Con quale obiettivo? Quello di imporre un riequilibrio delle clamorose differenze sociali che da vent’anni si stanno accentuando nella nostra società. Usando la leva fiscale, proponendo una riforma seria del welfare – non a costo zero –, rilanciando l’idea del salario garantito, spingendo la politica economica a cercare le risorse nelle tasche dei ricchi.

Giorni fa un mio amico ricco mi ha detto: «Nell’ultimo anno ho guadagnato circa duecento milioni; beh, la crisi a me è costata zero. Nessuno è venuto a dirmi: una piccola parte dei tuoi lautissimi guadagni devolvili allo Stato. Niente. Eppure a me non sarebbe costato molto. Non me ne sarei nemmeno accorto se mi avessero tolto il dieci o il venti per cento di quello che avevo guadagnato. Invece il costo della crisi è stato lasciato per intero sulle spalle di poveri e del ceto medio rimasto senza lavoro». Voi negli ultimi due anni avete sentito lo stridore delle armi della sinistra che si batteva su questi problemi? No, la sinistra era tutta intorno a Beppe D’Avanzo e alle sue dieci domande (noiosissime) su Noemi o sul Bunga Bunga. Degnissima persona, D’Avanzo, per carità. Però come leader della sinistra preferivo Gramsci.

 

Nucleare, il governo frena. Paura dell’atomo o delle urne?

Angela Mauro
 
 

Che nemmeno lo tsunami giapponese riuscisse a smuovere un governo, quello italiano, di solito ondivago nel suo populismo spinto non ci credeva nessuno. Si è sempre saputo che, alla fine, l’ostinazione di Berlusconi e della sua maggioranza si ammorbidisce fino ad annullarsi nel momento in cui si scontra con reazioni contrastanti da parte dell’elettorato. E dunque non poteva accadere che la tragedia del Sol Levante non solleticasse anche da noi il fatidico istituto dei “sondaggi”, faro di azione per il Cavaliere da sempre. Sono passati dei giorni, intanto in tutto il mondo si sono rafforzati dubbi e perplessità sull’energia atomica, la Germania ha spento le sue centrali più vecchie, l’America di Obama riflette su “rischi e costi del nucleare”; sono passati dei giorni, si diceva, ma finalmente anche da noi è arrivato un qualche effetto dell’onda sismica giapponese. Ora, il governo Berlusconi frena sul suo piano di ritorno al nucleare che prevede la realizzazione in Italia di quattro centrali, frena sul progetto che, nelle intenzioni della maggioranza, doveva essere fiore all’occhiello della legislatura.

Già ieri il sottosegretario Stefano Saglia aveva lasciato intendere il nuovo clima.«Non possiamo mica chiamare l’esercito per realizzare le centrali nelle regioni che non le vogliono», aveva detto al termine del voto delle commissioni parlamentari che hanno dato comunque parere positivo al decreto del governo sul nucleare, in scadenza tra l’altro mercoledì prossimo. Oggi parla chiaro il ministro allo Sviluppo Economico Paolo Romani, il successore di Scajola, dato non irrilevante visto che proprio Scajola è stato fin dall’inizio della legislatura il motore del piano di ritorno al nucleare. Sentenzia Romani: «Serve un momento di riflessione». Ma c’è di più. Scena: Montecitorio. La cerimonia per i 150 anni dell’unità d’Italia si è appena conclusa in aula. Nel corridoio intorno alla sala dei ministri c’è un conciliabolo di esponenti del governo. La ministra dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo si intrattiene a parlare con il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, presentieil sottosegretario Bonaiuti. Dopo in po’ si aggiunge lo stesso Romani. Ed è semplice captare le parole pronunciate dalla Prestigiacomo: «È finita. Non possiamo mica rischiare le elezioni per il nucleare, non facciamo cazzate: bisogna uscirne in maniera soft!». Le amministrative sono in dirittura d’arrivo, un dato che non sfugge allo stesso premier: meglio evitare polemiche, il nucleare è argomento sensibile dopo il disastro di Fukushima.

Da parte sua, parla pure il presidente dell’agenzia per la sicurezza nucleare, Umberto Veronesi, fino ad oggi silente. Quanto accaduto, dice, «impone inevitabilmente di mettere da parte lo sgomento e prendersi una pausa di riflessione profonda». Il punto è: visto che la legge delega sul nucleare scade il 23 marzo, che farà il governo nel prossimo consiglio dei ministri? Si fermerà o approverà il tutto comunque in attesa di “tempi migliori”? Dichiarazioni d’intenti a parte, in questi giorni l’iter parlamentare del decreto non ha conosciuto ostacoli. Legittimo dunque il dubbio (sollevato dalle opposizioni) che lo stop del governo sia solo un inganno, un modo per seguire l’onda popolare in vista delle amministrative, un modo per rassicurare e al tempo stesso scoraggiare la partecipazione ai referendum del 12 giugno su acqua pubblica, legittimo impedimento e, per l’appunto: nucleare.

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statuto

Vittoria CastielloDDdd

Responsabile Gruppo Campania Responsabile Gruppo Nazionale DONNA DEL SUD

Massimiliano Giacche'R

Responsabile Gruppo Nazionale Responsabile Regione Abruzzo

Franco Vitali

Responsabile Gruppo Nazionale Responsabile Regione Marche

Rosalia Mulas

Responsabile Gruppo Nazionale Responsabile Regione Basilicata

Giuseppina De FregiasRespons

Responsabile Nazionale Gruppo Responsabile Gruppo Calabria

Anthony ManzoResponsabile Nazionale gru

Responsabile Nazionale Gruppo Responsabile Gruppo Campano

Paola Vandelli

Responsabile Gruppo Nazionale Responsabile Gruppo Emilia e Romagna

Michele Molisso

Responsabile Gruppo Nazionale Responsabile Gruppo Campania

Francesca Scoleri

Responsabile  Nazionale Responsabile Regione Calabria 

Nicola De Rosa

Amministratore Gruppo Nazionale Facebook  Libero  PENSATORE

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  Tra la gente di Terzigno dopo l'ennesima notte di guerriglia. Il governatore Caldoro? "'O cagnolino ai piedi del padrone". Napoli? "Perché la monnezza non la buttano da loro, nell'area dell'ex Italsider, invece di avvelenare noi?". La violenza? "Per due anni abbiamo fatto comitati,...

Ancora una notte di guerriglia cinque feriti, incendi e roghi

23.10.2010 10:21
  Due poliziotti e tre carabinieri contusi al termine dell'ennesima battaglia contro la discarica a Terzigno. Emergenza anche a Napoli dove sono stati dati alle fiamme cumuli di spazzatura non rimossi: a terra ci sono duemila tonnellate di rifiuti  NAPOLI - Ancora una notte di...

Vendola apre il congresso fondativo ''La sinistra è la missione di questo Paese''

23.10.2010 10:20
   Firenze il primo giorno della kermesse fondativa di Sinistra Ecologia e Libertà. Il saluto del presidente Napolitano. Gli abbracci tra Nichi e Bertinotti. Fischi dei delegati agli ospiti di Cisl e Uil, il governatore pugliese rimbrotta i responsabili di MATTEO PUCCIARELLI UN'ORA e...

Il nuovo Lodo Alfano un Frankenstein costituzionale

23.10.2010 10:18
 uesta volta, dunque, non c'è bisogno di attendere una pronuncia della Consulta. Il nuovo Lodo Alfano voluto dal premier per proteggersi dai suoi processi, anche nella sua formula "rinforzata" di legge di revisione costituzionale, non è solo l'ennesima e intollerabile norma ad personam di...

Rifiuti, i sindaci dell’area vesuviana pronti a ‘marciare su Roma’

17.10.2010 20:02
 Se Berlusconi non va da loro, saranno loro ad andare da Berlusconi. Sono pronti a marciare su Roma i sindaci dell’area vesuviana e i cittadini dei comitati che si battono da settimane contro l’apertura della seconda discarica di Cava Vitiello nel Parco Nazionale del Vesuvio....

.ove si nasconde l’umana monnezza

17.10.2010 19:53
 a cura di Federica Raimondi, responsabile Campania di censurati.it In vista delle prossime elezioni, la Regione Campania sta inviando alle famiglie un grazioso opuscolo, in puro stile berlusconiano: carta patinata, illustrazioni a colori e tono suadente e pedagogico, tipico di chi narra le...

16 ottobre 2010 roma manifestazione della fiom cgil

10.10.2010 18:02
Nel nostro paese si sta producendo la più violenta aggressione padronale ai diritti, alle conquiste, alle condizioni di vita delle lavoratrici e dei lavoratori dal dopoguerra ad oggi: blocco della contrattazione ad ogni livello per i dipendenti pubblici, (...) disdetta del contratto collettivo di...

Pulman per Roma per il 16 ottobre

10.10.2010 11:32
Il Nostro Movimento sta organizzando pulman diretti alla manifestazione del 16 ottobre al fianco della Fiom- Cgil chi è interessato alla partecipazione o attraverso il sito o attraverso i gruppi può mettersi in contatto con noi.

Inaugurazione del sito

10.10.2010 11:31
Oggi è stato inaugurato il nostro nuovo sito. Esponi ai visitatori le ragioni della nuova presentazione e quali benefici ne possono ottenere. Indica gli obiettivi e i vantaggi. Suggerisci in breve le ragioni per cui conviene tornare a trovarti.
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