Incroci stampa-tv, interviene l'Antitrust "Non può decidere Berlusconi"

01.03.2011 20:03

 

l garante scrive al governo ed ai presidenti delle Camere: è "inopportuno" che il via libera alle concentrazioni editoriali del Milleproroghe dipenda dall'attuale premier. "Vanno valutati le ricadute positive sul patrimonio del presidente del consiglio e il danno per l'interesse pubblico"

ROMA - Non può essere il proprietario del più grande impero televisivo privato italiano a decidere sugli incroci stampa-tv. L'Antitrust interviene sulla disposizione contenuta nel Decreto Milleproroghe con la quale si elimina dal primo aprile il divieto di acquisire giornali per le imprese già titolari di network televisivi nazionali.
E' "inopportuno", sostiene l'Antitrust, attribuire al presidente del Consiglio il potere di prorogare o no il divieto di incroci proprietari tra giornali e tv successivamente al 31 marzo 2011, come prevede il decreto Milleproroghe.

L'autorità garante per la concorrenza lo ha scritto, facendo riferimento alle norme sul conflitto di interessi, in una segnalazione ufficiale inviata allo stesso presidente del consiglio ed ai presidenti della Camera e del Senato. Nella stessa segnalazione, l'Antitrust esprime l'auspicio che la disciplina del divieto di incroci sia sottratta alle competenze dell'attuale premier.

"Senza una modifica in questa direzione della norma - scrive l'Antitrust - l'adozione o la mancata adozione dell'atto di proroga, anche senza integrare automaticamente una fattispecie di conflitto di interessi, dovranno essere valutati dall'Antitrust, per verificare l'incidenza specifica e preferenziale sul patrimonio del presidente del consiglio e il danno per l'interesse pubblico".

L'Autorità - si ricorda nella nota - già il 20 gennaio scorso aveva ricordato al governo che l'estensione della validità temporale del divieto, 

direttamente disposta dal decreto legge, era stata esplicitamente auspicata dall'autorità per le garanzie nelle comunicazioni per tutelare il pluralismo dell'informazione: per tale ragione, non poteva essere configurata come un vantaggio patrimoniale del presidente del consiglio. Tuttavia - ha concluso l'Antitrust - la disciplina di un settore sensibile come quello editoriale, richiedeva un atteggiamento di precauzione che evitasse l'attribuzione di ogni potere discrezionale in capo al premier".