Questo movimento si impegna nell'intento di avviare un nuovo modo di concepire la vita politica e sociale del paese, che partendo dal risveglio delle coscienze, solleciti un rinnovamento culturale della classe dirigente partecipando attivamente alla vita politica del paese. Da questi intenti scaturiscono gli undici punti chiave del programma del Movimento:
1)l’uomo è libero quando è libero dal bisogno e per questo l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Convinti di ciò noi lottiamo per i diritti e le tutele delle persone per il diritto al lavoro certo, giusto e a tempo indeterminato .
2) Il movimento è a favore del rispetto delle leggi e della Costituzione italiana ed è convinto che ogni uomo deve essere giudicato in maniera uguale indipendentemente dal ruolo e dalla posizione che occupa nel paese.
3) Il rispetto della Costituzione italiana e la lotta per riaffermare che la Costituzione per questo paese è sacra e non va riformata in quanto è garanzia di equilibrio e rispetto delle norma democratiche e di libertà del paese.
4) Il Movimento lotta per la libertà di informazione e di opinione e contrasta tutti coloro che hanno fatto del nostro paese un luogo di censura e violenza psicologica su chi non ha le stesse idee e propaganda le proprie idee attraverso i giornali e i mezzi di informazione.
5) Il movimento lotta per ottenere la certezza della pena e per la restituzione ai cittadini di ciò che viene loro indebitamente sottratto.
6) Il Nostro movimento crede nella democrazia. A tale scopo, lotta per una politica pulita, per la democrazia e per la massima trasparenza anche all'interno dei partiti e degli organizzazioni che propongono ai cittadini candidati da eleggere come loro rappresentanti.
7)La divisione dei poteri e la lotta contro chi vuole concentrarli nelle mani di una sola persona e elemento fondamentale del movimento ; noi siamo per la divisione del potere giuridico da quello del potere esecutivo che da quello economico.
8)Il movimento lotta per il rispetto dei diritti umani nel nostro paese contro la censura e contro la discriminazione sui posti di lavoro per chi ha idee diverse.
9) Nessuno può discriminare un altro uomo per il solo colore della pelle o l’appartenenza ad etnie diverse. Noi ripudiamo il razzismo in tutte le sue forme e contrastiamo movimenti e partiti che hanno fatto di idee razziste e xenofobe la loro cultura.
10) Noi siamo convinti che chi ha intrapreso un attività imprenditoriale tale da compromettere il futuro del paese per i propri interessi debba essere allontanato dalla vita politica del paese fino a che perseguirà fini diversi da quelli del bene comune.
11)Organizzare il dissenso e propagandare attraverso tutti i mezzi a disposizione le proprie idee è il fondamentale del movimento
Processo breve, emendamento Pdl
Il Pd: premier ha scoperto le carte
La novità più importante della riscrittura dell'articolo 5 del provvedimento riguarda l'obbligo di segnalazione al ministro della Giustizia e al procuratore generale della Cassazione, da parte dei capi dell'ufficio giudiziario, del magistrato che non ha concluso il
processo nei tempi stabiliti dalla legge.
«È caduta la maschera, il processo breve era solo il titoletto per nascondere all'opinione pubblica le vere intenzioni della maggioranza: far scappare Berlusconi dai suoi processi», dice la capogruppo del
pd nella commissione giustizia della camera, Donatella Ferranti. L'emendamento Paniz è sconcertante perché attraverso un cavilloso meccanismo interviene per ridurre i termini massimi della prescrizione del reato per gli incensurati. Guarda caso, proprio quello che chiedeva il collegio difensivo del presidente del consiglio».
E i "partigiani della conoscenza"
chiamano in piazza gli studenti
Monta la protesta in rete soprattutto da parte dei siti delle organizzazioni studentesche. Gli universitari chiedono di manifestare il 12 marzo. E soprattutto sul web monta la difesa della scuola pubblicadi CARMINE SAVIANO
Arriva da tutti. Dagli studenti che nelle classi vivono, studiano, crescono. Dagli insegnanti che ci mettono impegno e passione. Dalle famiglie che vogliono dare un futuro ai propri ragazzi. Dalle associazioni e dai partiti. Dai cittadini. La difesa della scuola pubblica dagli attacchi di Silvio Berlusconi assume i contorni di una protesta diffusa, generale. Un'indignazione di massa. Che parte dal basso e non fa sconti al premier. E che restituisce al mittente accuse e dichiarazioni arbitrarie. Denunciando la pericolosità della politica della conoscenza della destra di governo. Gli slogan, le parole d'ordine, viaggiano in rete: "La scuola non plasma. Educa". "La scuola non inculca idee. Fa crescere lo spirito critico". E così via, verso una nuova ondata di proteste. Per difendere la scuola come "bene di tutti".
Manifestazione nazionale. Il fronte più caldo è quello degli studenti. Che ha già messo in cantiere una manifestazione nazionale. Coordinate: il 12 marzo a piazza del Popolo, Roma, in concomitanza con il Costituzione Day, la protesta contro la riforma della Giustizia e la legge Bavaglio. E crescono gli appelli delle associazioni studentesche. C'è chi si definisce "partigiano della conoscenza". Chi "studente per la Costituzione". Tra i tanti documenti, quello dell'Udu, l'Unione degli Universitari: "Vogliamo scendere in piazza il 12 marzo come studenti, come giovani, ma soprattutto come cittadini di questo Paese. Per difendere i diritti, i doveri, i principi e i valori che la nostra Costituzione sancisce e che vorremmo vedere realizzati e non attaccati, smantellati, aggirati".
Mobilitazione permanente. E in tanti propongono la stesura comune di calendario di proteste. Come il coordinamento Atenei In Rivolta 1. Che lancia un'altra manifestazione nazionale per il mese di Aprile: "vogliamo riunire tutti i soggetti sociali, dalle donne ai migranti, dagli studenti ai lavoratori, dai movimenti contro la privatizzazione dell'acqua a quelli in difesa dei territori per lanciare una grande manifestazione nazionale nel mese di Aprile". E dalla Rete delle Conoscenza arriva un invito alla mobilitazione permanente: "continuiamo a opporci giorno per giorno, a stare nelle piazze delle prossime settimane e dei prossimi mesi. A ribadire la centralità del protagonismo studentesco anche sui temi della cittadinanza". Poi la strategia: "Nelle scuole porteremo le nostre proposte come l'AltraRiforma, per dimostrare al Governo e alla politica che la scuola si può e si deve cambiarla dal basso con processi reali di partecipazione".
Un bene comune. Il cuore pulsante della protesta è il web. Che diventa nuovamente il luogo dove esercitare il proprio dissenso. Ci si aggrega intorno a parole semplici, a contenuti condivisi. Sono già migliaia i messaggi arrivati a Repubblica.it. Tra i tanti luoghi virtuali, molto attive due pagine Facebook. Che grazie al passaparola hanno già molte migliaia di adesioni. La prima è "Orgogliosi di aver frequentato la scuola pubblica". Un contenitore dove le parole del premier vengono analizzate e smontate. Per essere poi essere confrontate, con amarezza, con quelle del 'Discorso in difesa della scuola nazionalè pronunciato da Piero Calamandrei nel 1950. E dalla "scuola che inculca idee sbagliate" si passa a: "La scuola di Stato deve essere una garanzia, perché non si scivoli in quello che sarebbe la fine della scuola e forse la fine della democrazia e della libertà, cioè nella scuola di partito".
"Non venga a parlarci di famiglia e valori". Altra pagina Facebook, "Io amo la scuola pubblica". Tante le discussioni. E c'è chi risponde per le rime al presidente del Consiglio: "Sono un docente e sono fiero di inculcare i valori contrari a quelli a cui si riferisce la maggioranza di governo. I miei valori sono nella Costituzione". Poi la lettera di una professoressa, Monica Fontanelli. Che scrive a Berlusconi: "Io insegno l'importanza della coerenza, della dignità, della sincerità, dell'impegno come condizione necessaria per conseguire gli obiettivi che ognuno di noi si pone. Continuerò a farlo Presidente, con l'impegno di sempre e con la consapevolezza che solo in questo modo noi insegnanti potremo fermare il vostro disegno di formare sudditi e non cittadini consapevoli". E ancora: "Abbia un sussulto di dignità e non venga, proprio Lei, a parlare di valori, di famiglia. Rispetti il lavoro di chi, per poco più di mille euro al mese, fa di tutto per dare ai giovani di questo Paese cultura, dignità, consapevolezza e onestà".
Le associazioni e i partiti. Dichiarazioni e comunicati non si contano. Sul sito di Articolo 21 crescono le adesioni alla manifestazione del 12 marzo. E ora dopo ora la difesa della scuola pubblica diventa una motivazione aggiunta per scendere in piazza. Poi Libertà e Giustizia. Che oltre a "denunciare la devastazione che Berlusconi-Tremonti-Gelmini hanno provocato nel sistema scolastico", s'impegna a rilanciare i valori della scuola di tutti, primi tra questi il pluralismo e il pensiero critico". Infine i partiti. Dal Pd, che oggi darà vita ad un sit-in a Roma, passando per Sinistra e Libertà, che definisce "volgari e rozzi" gli attacchi del premier. E le critiche arrivano anche da destra. Da Generazione Futuro, organizzazione giovanile di Futuro e Libertà: "Caro Presidente, il complotto comunista che lei usa molto spesso è utile per attirare nella sua rete molti pesci che si lasciano abbindolare da una risposta facile. A noi però piacciono i discorsi complessi. La sua dichiarazione mi lascia pensare che lei preferisca le scuole private, che potranno essere anche le migliori del mondo, ma il fatto stesso che siamo private non le fa essere scuole libere. Invece noi andiamo in luoghi a lei scomodi a pensare e a riflettere".
Mirafiori: vince il Sì per il voto degli impiegati
COME E QUANDO SI VOTA | COMMENTA
Ha vinto il si'. Ma la notte più lunga di Mirafiori, quella del referendum sul piano-Marchionne, è stata un vero e proprio testa a testa. Come in una lunga, estenuante partita di poker, i seggi sono stati 'spillati' uno ad uno. A decidere, a mettere a segno l'allungo decisivo per il Sì, è stato il seggio 5, quello dei 449 impiegati. Prima, nel count down iniziato con il seggio 9, il no era riuscito non solo a resiste, ma addirittura a segnare un certo vantaggio: i reparti del montaggio, roccaforti della Fiom, avevano risposto.
Al voto, iniziato col turno delle 22.00 di giovedì, hanno partecipato 5.119 lavoratori, oltre il 94,2% degli aventi diritto. E il Sì ha vinto con 2.735 voti, pari al 54,05%. A votare No sono stati invece in 2.325 (45,95%), mentre le schede nulle e bianche sono state complessivamente 59.
Questi i numeri ufficiali della commissione elettorale, dopo una nottata in cui le cifre diffuse hanno continuato a cambiare. Un'affluenza record che la dice lunga su quanto il referendum fosse sentito dal 'popolo' di Mirafiori. Il cancello 'due', simbolo di questa 2 giorni di passione per lo stabilimento storico della Fiat, è stato affollato tutta la notte da operai, militanti sindacali degli opposti schieramenti, ex dipendenti, giornalisti, fotografi e troupe televisive. ''Il clima in fabbrica e' tranquillo e disteso - ha detto uno degli operai piu' anziani uscendo dal turno cominciato al pomeriggio - e il voto si è svolto con lunghe code, ma in tranquillita'''. Ma nessuno, uscendo dalla fabbrica, aveva molta voglia di parlare.
Il fronte del no ha retto per i primi 4 seggi: il 9, primo del montaggio; l'8, quello della 'riconta'; e il 7 e il 6, sempre del montaggio. Poi il sorpasso del Sì', con un plebiscito dei colletti bianchi a favore del piano: 421 voti a favore e solo 20 contrari. In altalena, con lieve predominanza dei Sì, lo spoglio dei seggi restanti. Fino all'ultimo, che ha segnato la vittoria ai punti: impossibile per il fronte del No recuperare lo svantaggio. Ma lo scarto, nel voto operaio, è stato solo di 9 punti.
Nella lunga nottata di Mirafiori (dove alcuni militanti del no a volto coperto hanno bruciato bandiere dello schieramento avverso) non è mancato nemmeno un piccolo 'giallo', che ha coinvolto il seggio 8, dove la scomparsa di 58 schede ha costretto la commissione elettorale e congelare prima e ricalcolare poi il voto. Anche la fase finale dello spoglio, a vittoria del Sì già acquisita, ha avuto attimi di confusione: l'esultanza rumorosa di un membro Fismic della commissione, ha causato infatti una lite con tanto di spintoni. Un rappresentante Fiom ha avuto un malore si è dovuto chiamare una ambulanza per soccorrerlo. Poi, alle 6.00 di questa mattina, proprio mentre gli operai del turno di notte lasciavano lo stabilimento, che oggi non vedrà nessuno al lavoro, l'esito finale: vittoria del Sì.
CRONACA DELLA LA NOTTE DEL REFERENDUM
SCHEDE MANCANTI, GIALLO RISOLTO
Pare risolto il giallo delle schede: era stato calcolato erroneamente il numero degli aventi diritti al voto. La commissione in pratica avrebbe vidimato 55 schede in più che non sarebbero state utilizzate. Per un calcolo corretto dagli 830 aventi diritto vanno sottratte le 55 schede vidimate erroneamente per arrivare a un totale degli aventi diritto di 775. In questo modo, tra schede nulle e mancanti, ballano sette schede. Erano infatti 768 i voti certificati. "A questo punto il voto è valido", fanno sapere dalla Fim. Il dato finale sarebbe di 360 sì e 407 no.
DOPO TRE SEGGI: NO 53%
Dopo lo scrutinio di tre seggi (reparti montaggio) il no al referendum di Mirafiori è in vantaggio con il 52,43% dei voti. I contrari all'accordo, riferiscono fonti sindacali, sono stati 1.143. I sì hanno raccolto 1.011 voti pari al 47%. Resta il giallo su 58 schede mancanti. Le schede bianche o nulle sono 26, pari all'1,19%. I tre seggi scrutinati sono tradizionalmente favorevoli alla Fiom e ai Cobas. Ma il risultato resta senza dubbio significativo.
TERZO SEGGIO MONTAGGIO: 374 NO, 349 SI'
Anche nel seggio numero sette, sempre del reparto montaggio, dello stabilimento di Mirafiori i no hanno prevalso sui si': 374 no a fronte di 349 si'.
IPOTESI: TESTA A TESTA, POI LIEVE VANTAGGIO DEI SI'
Ipotetiche previsioni d'agenzia di stampa danno un possibile vantaggio del no in tutti i seggi dei lavoratori del montaggio, probabilmente i piu' penalizzati dall'accordo, e quindi il seggio 9, 8, 7 e 6. I seggi 3 e 4 destinati agli addetti alla verniciatura, con un numero nettamente minore di voti totali, vengono ritenuti a leggera maggioranza dei sì. Per i seggi 1 e 2 degli operai della lastratura si prevede un sostanziale testa a testa. Potrebbe risultare determinante il voto dei 441 impiegati del seggio 5, dove dovrebbe la grandissima maggioranza saerbbe a favore del sì.
TERZO SEGGIO MONTAGGIO: AVANTI I NO
Anche nel terzo seggio (montaggio) i no al referendum di Mirafiori stanno avendo la meglio. I contrari all'accordo sono per il momento 341 contro 321 sì. Hanno votato in stati 732. In questo seggio c'è una prevalenza della Fiom rispetto agli altri sindacati.
GIALLO SCHEDE: FORSE SEGGI VICINI, ERRORE VOTANTI
La possibile spiegazione del ''giallo'' delle decine di schede ''scomparse'' nel seggio 8 del referendum di Mirafiori potrebbe consistere nel fatto che 4 grandi seggi (il numero 8 'congelato', il 7, il 6 e il 5) sono stati allestiti in un'unica grande sala di un ex ristorante e quindi i votanti avrebbero potuto introdurre le schede in un altro seggio e non in quello di appartenenza.
RIPARTE LO SPOGLIO MA RISCHIO INVALIDAZIONE
Una parte della Commissione elettorale dello stabilimento Fiat di Mirafiori si ''stacca'' dal resto per dedicarsi al riesame delle schede del seggio numero 8 e all'esame degli elenchi elettorali per risolvere il 'giallo' delle 58 schede mancanti. Il resto della Commissione va avanti con lo scrutinio del seggio numero sette (sempre nel reparto montaggio). E chiaro che se non si risolve il giallo, le schede non si trovano negli altri seggi nè si scopre l'errore negli elenchi il voto complessivo sull'accordo di Mirafiori rischia di essere invalidato.
CONGELATO ESITO SECONDO SEGGIO MONTAGGIO
Congelato l'esito del secondo seggio del Montaggio: non tornano i conti su 58 schede.
FISMIC: "ESISTO DEL VOTO COMPLICATO"
"Ci aspettavamo il testa a testa a Mirafiori". Lo ha detto il segretario generale della Fismic, Roberto Di Maulo, commentando i primi dati dello scrutinio a Mirafiori. "Alla fine - ha aggiunto a Skytg24 - l'esito del voto sarà complicato".
LO SCRUTINIO PROCEDE SEGGIO PER SEGGIO
Lo scrutinio del referendum a Mirafiori sta procedendo conteggiando le schede seggio per seggio, il che rende più lunghi del previsto i tempi per il conteggio delle schede. Lo scrutinio del primo seggio ha richiesto quasi un'ora per la richiesta di riconteggio per lo scarto di una-due schede. Il secondo seggio scrutinato è il numero 8, anch'esso riservato agli operai del montaggio, dove si è delineando un sostanziale testa a testa tra i Sì e No.
SKY: ANCHE SECONDO SEGGIO VINCE NO
Sky Tg24: nel secondo seggio ha vinto il no, come nel primo: 447 a 362.
SEGGIO N.8 META' SEGGIO: TESTA A TESTA
A metà' dello scrutinio delle schede del secondo seggio (il numero 8, montaggio) c'è un sostanziale testa a testa tra i Sì e i No all'accordo sul rilancio dell'impianto torinese della Fiat. Secondo foni sindacali su circa 400 schede scrutinate (su 836) sì e No si equivalgono.
IL REPARTO N. 9 BOCCIA L'ACCORDO
I lavoratori del reparto numero 9 (montaggio) hanno bocciato l'accordo separato per Mirafiori. I no sono infatti stati 362 contro i 300 sì (7 le schede non valide). Si tratta del dato definito di questo reparto.
UN'OPERAIA: SI SA CHE C'E' PARITA'
''E' impossibile per noi pensare come sia andata - dice un'operaia uscendo dalla fabbrica - ma i primissimi dati che abbiamo sentito dello scrutinio indicherebbero per ora una sostanziale parita' tra si' e no''.
REPARTO MONTAGGIO: 600 SCHEDE, AVANTI I NO
Su circa 600 schede scrutinate al reparto montaggio delle carrozzerie di Mirafiori il no è avanti con 362 voti contro i 302 raccolti dal sì (54,6% No, 45,4% Sì). Un risultato comunque atteso in un reparto in cui la Fiom tradizionalmente è sempre stata forte.
GLI OPERAI FINISCONO IL TURNO
''Il clima in fabbrica è tranquillo e disteso - dice uno degli operai più anziani - e il voto si è svolto con lunghe code, ma in tranquillità". Gli operai lasciano la fabbrica dopo il tuno del pomeriggio.
SI E NO AL 50% NELLE PRIME 150 SCHEDE
Nei primi 15 minuti dello spoglio del referendum allo stabilimento Fiat di Mirafiori le prime 150 schede si sono divise al 50% tra i Sì ed i No all'accordo Fiat-sindacati sul futuro dello stabilimento torinese della Fiat. Lo hanno reso noto i sindacalisti dell'Unione Sindacale di Base al presidio che si trova davanti ai cancelli dello stabilimento.
L'ATTESA DEI RISULTATI
Con la conclusione delle operazioni di voto è cominciata di fronte ai cancelli l'attesa per i risultati del referendum, cruciale per i destini della fabbrica. Presenti diverse decine di persone in grandissima parte contrarie all'accordo e spiccano le bandiere di Rifondazione Comunista, Sinistra Critica e Unione Sindacale di Base. Con una temperatura particolarmente rigida, di qualche grado sotto lo zero, pochissimi i lavoratori presenti, mentre di fronte ai cancelli rimane qualche rappresentante sindacale in contatto dei propri delegati all'interno della fabbrica.
LO SPOGLIO CON 45 MINUTI DI RITARDO
Hanno votato per il referendum sullo stabilimento Fiat di Mirafiori 5.213 lavoratori (96% aventi diritto). Lo riferiscono fonti vicini alla commissione elettorale, fornendo il dato ufficiale e correggendo il dato dei 5.218 dato inizialmente dai sindacati. Ecco i votanti seggio per seggio: nel primo (lastratura) ci sono 442 schede, nel secondo sempre in lastratura ce ne sono 424, nel terzo (verniciatura, e magazzinaggio) sono 240 mentre nel terzo sempre nel reparto magazzinaggio ce ne sono 218. Nel reparto impiegati le schede sono 449, nel sesto seggio (montaggio) ce ne sono 819 mentre nel settimo, sempre montaggio, sono 732. Nell'ottavo seggio ancora montaggio sono 836 mentre nel nono sono 669. Nel turno di notte notte hanno votato 384 lavoratori. Le operazioni di scrutinio sono iniziate in ritardo di 45 minuti rispetto alle previsioni.
INIZIATO LO SCRUTINIO
Nello stabilimento di Mirafiori sono iniziate le operazioni di scrutinio. Lo riferisce l'Ugl. La commissione elettorale dovrà scrutinare 5.218 schede (il 96,07% degli aventi diritto al voto).
LA FIOM: "NON E' STATA UNA PROVA DI LIBERTA'"
«Ci aspettavamo questa affluenza molto alta, che non è così distante da quella abituale alle elezioni della Rsu a Mirafiori». Così Federico Bellono, segretario della Fiom Piemonte, commentando ai giornalisti il risultato sull'affluenza al referendum sull'accordo siglato con la Fiat da tutti i sindacati, esclusa la Fiom. «L'affluenza di per sè non ha un significato particolare rispetto all'esito - ha aggiunto bellono - anche perchè i lavoratori che hanno votato hanno confermato il loro orientamento con opinioni diverse e quelli che hanno espresso un'opinione favorevole al referendum hanno detto che l'alternativa è tra l'accordo e il rischio della chiusura dell'azienda. Questo conferma che il referendum non è stato una prova di libertà, ma una consultazione sotto fortissima pressione».
CHIUSE LE URNE
Le urne per il voto sull'accordo di Mirafiori sono state chiuse alle 19.30. Ora verranno stilati i verbali di voto e successivamente si procederà al conteggio di tutte le schede. I risultati ufficiali sono attesi in tarda serata .
ALTISSIMA AFFLUENZA: PIU' DI POMIGLIANO.
Affluenza record alle urne delle carrozzerie di Mirafiori per il referendum sull'accordo per il rilancio dello stabilimento Fiat: hanno votato 5.218 lavoratori su 5.431 aventi diritto pari al 96,07% del totale. Si supera quindi l'affluenza registrata a Pomigliano per il voto di quest'estate.
IL MINISTRO SACCONI: "IL NO E' IRREVERSIBILE"
Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi si è detto convinto che con la vittoria del no la situazione sarebbe ''sostanzialmente irreversibile il giorno dopo'' con il rischio di perdere un investimento ''decisivo per l'intera filiera dell'auto italiana''.
SUPERATO IL QUORUM
È stato superato il quorum per la validità del referendum sull'accordo del 23 dicembre sul futuro di Mirafiori. Per il turno del mattino è stato finora registrato il voto di 2.675 dipendenti che, sommati ai 384 del turno di notte, fanno superare quota 3 mila voti validi. «L'affluenza è altissima - afferma Eros Panicali, della segreteria nazionale della Uilm - e con questo dato il quorum del 50% più un voto perchè il referendum, sia valido è stato superato». Il dato dei votanti non è definitivo per il turno del mattino e le percentuali di affluenza devono essere ancora calcolate sulla base dei dati di presenza nei reparti che deve comunicare l'azienda.
Nel turno di notte allo stabilimento di Mirafiori della Fiat hanno votato per il referendum per l'accordo sul rilancio dell'impianto il 97,7% dei lavoratori presenti. Secondo quanto si apprende sono andati alle urne 384 lavoratori su 393 presenti.
Nel turno di notte hanno lavorato piu' persone rispetto alle stime iniziali, in quanto la produzione leggermente aumentata ha richiesto un numero maggiore di addetti. Di fronte ai cancelli di Mirafiori con le prime luci del mattino il clima e' del tutto tranquillo ed e' ancora scarsa la presenza di delegati e attivisti sindacali a sostegno delle diverse posizioni nel referendum. Tra molte bandiere colorate dei diversi sindacati e striscioni tutti contrari all'accordo lavorano solo le truppe televisive per le dirette delle diverse reti. A meta' giornata e' previsto il cambio turno dei lavoratori del mattino che stanno votando nei nove seggi allestiti per loro.
La vigilia
''Cosa sceglieremo non lo so, ma vi assicuro che voteremo tutti''. Al cambio turno di fine giornata, il giovane operaio lascia Mirafiori dopo otto di lavoro parlando del clima che si respira in fabbrica. Un clima carico di tensione e difficile da capire, anche da parte di chi Mirafiori la conosce bene, come delegati, sindacalisti e lavoratori piu' esperti. La conferma e' arrivata fin dalla mattinata, quando l'ultima assemblea delle sigle che hanno firmato l'accordo del 23 dicembre non si e' tenuta per l'esiguo numero di partecipanti.
A differenza della riunione pubblica organizzata la sera prima, nel centro di Torino, con istituzioni e associazioni produttive, tanto partecipata che non tutti sono riusciti a entrare nella grande sala della Galleria d'arte moderna, questa volta pochissimi lavoratori si sono presentati nella sala parrocchiale nei pressi dello stabilimento Fiat, uno spazio esterno alla fabbrica che da tempo viene utilizzato dai sindacati favorevoli all'intesa per tenere le proprie assemblee. Per loro, lo spazio davanti ai cancelli della porta 2, luogo simbolo di tanti momenti della storia sindacale alla Fiat, non e' piu' agibile. Anzi, per la Fismic c'e' oggi ''un clima di intolleranza''. Cosi', per gran parte della giornata, davanti ai cancelli sono stati presenti quasi solo rappresentanti del 'no', a cominciare da quelli della Fiom e dei Cobas.
Sono arrivati anche alcuni lavoratori di Pomigliano, contrari ai cambiamenti che la Fiat intende introdurre nei suoi stabilimenti. A parte qualche discussione isolata, ripresa da telecamere e macchine fotografiche, non vi sono state tensioni dopo quelle dei giorni scorsi e anche le visite di un gruppo di sindaci della Val di Susa, sostanzialmente contrari all'accordo, e di qualche politico, come Marco Ferrando, portavoce del partito comunista dei lavoratori, si e' svolta senza alcuna tensione. Al di la' dei cancelli, dentro lo stabilimento, dopo gli incontri promossi ieri dall'azienda per far spiegare i contenuti dell'accordo da capi e responsabili dei reparti, con la parziale sospensione della produzione (''Una cosa mai vista prima'', dicono diversi lavoratori) oggi ci sono state due assemblee organizzate dal 'fronte del no' all'intesa, una per il turno del mattino. A entrambe ha partecipato il segretario della Fiom, Maurizio Landini, che ha ribadito che non vuol dare indicazioni ufficiali di voto, perche' ritiene il referendum ''illegittimo e organizzato sotto ricatto''. E che non firmera' mai l'intesa, nemmeno in ''via tecnica''.
Con il tramonto, e' calato il sipario, almeno per qualche ora, in attesa di riaccendere le luci: quelle dei set televisivi dei telegiornali e delle trasmissioni di approfondimento di prima serata, ma soprattutto quelle sulle urne che, dalle 22, daranno la parola, quella vera, ai lavoratori.
Susanna Camusso: «La Fiom resterà in fabbrica»
«Comunque vada nella fabbrica ci torneremo». Così la segretaria della Cgil Susanna Camusso a proposito del fatto che la Fiom potrebbe uscire da Mirafiori se i referendum di oggi e domani facesse vincere i sì all'intesa raggiunta sullo stabilimento Fiat di Torino. «La Fiom - ha sottolineato Susanna Camusso a margine delle giornate dell'economia cooperativa organizzate presso il sole 24 ore - è una grande organizzazione con migliaia di iscritti e non viene cancellata così, evitiamo di attribuire all'a.d. di fiat il potere di cambiare la storia, le tradizioni del nostro paese».
«BERLUSCONI ABDICA AL SUO RUOLO»
A chi le chiedeva se si aspettava l'affermazione del presidente del Consiglio relativa alle «buone ragioni» per la Fiat di abbandonare Torino in caso di vittoria del no al referendum sull'accordo di Mirafiori, Camusso ha replicato a margine di un convegno organizzato dalla Lega delle Cooperative: «No, non me lo aspettavo, perchè in un paese normale un governo, di fronte a una impresa che vuole fare investimenti, avrebbe fatto tutto diversamente». Secondo la segretaria generale della Cgil l'esecutivo avrebbe dovuto «chiamare l'impresa e verificare gli investimenti». «Non avendo fatto tutto ciò invece si fa spettacolo e, se si guarda la coreografia, lo si fa proprio di fianco alla presidente di un paese che ha detto di no (a Marchionne, ndr) perchè non dava abbastanza garanzie», ha proseguito parlando della cancelliere Angela Merkel e delle trattative, tramontate, per l'acquisto di Opel da parte della Fiat.
A chi le chiedeva se davvero in caso di vittoria del no reputasse che la Fiat possa lasciare Torino, Camusso ha replicato secca: «Domandatelo al presidente del Consiglio che da tempo ha abdicato dal fare il suo mestiere». Riguardo al referendum e alle previsioni sull'esito,«rispettiamo i lavoratori che debbono decidere autonomamente sul loro futuro, è una scelta difficile e non si può trasformare in una partigianeria», ha concluso. «Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi fa spettacolo e ha abdicato al suo mestiere», ha detto la Camusso.
MANIFESTAZIONE DEL 13 FEBBRAIO " SE NON ORA QUANDO"

In questi giorni su facebook tante persone, di entrambi i sessi, cambiano l’immagine del proprio profilo, sostituendo la propria con quella di una donna dalla vita significativa. Può capitare così di discutere con politiche, attrici, studiose, scienziate famose. La ricchezza e la varietà del genere femminile si moltiplica sul social network.
C’è un sentimento diffuso d’indignazione e di rabbia per l’intreccio sesso potere che l’inchiesta milanese su Berlusconi sta facendo emergere. Un esito estremo della personalizzazione del potere e della politica in cui prevalgono rapporti servili, e il corpo femminile è ridotto a merce di scambio, puro oggetto di godimento sessuale del potente da accontentare. Quello che emerge dalle intercettazioni e dai racconti delle protagoniste non è solo un discutibile stile di vita di chi dovrebbe governarci, fatto che da solo basterebbe a dichiararlo inadeguato a ricoprire il ruolo di capo di governo. Quello che emerge non riguarda solo la sua vita privata, la sua camera da letto. Anche se non fossero stati commessi reati, e da quello che la stampa riporta delle indagini sembrerebbe il contrario, quello che emerge da tutta questa storia ha una straordinaria rilevanza pubblica e politica.
Ma se cosi è, se ciò che emerge ha una straordinaria rilevanza pubblica e politica, è altrettanto importante che si materializzi collettivamente sulla scena pubblica l’indignazione che determina: per rispetto e responsabilità verso noi stesse, verso le nostre figlie, verso le ragazze e i ragazzi di oggi.
Il bunga bunga berlusconiano è tutt’uno con il suo modo d’interpretare il potere e il governo. Aveva detto bene Veronica Lario quando parlò di divertimenti dell’imperatore e di fine della politica.
E’ fuorviante parlarne anche solo riducendolo a un problema di prostituzione. Siamo di fronte ad un modo di essere non secondario del sistema di potere e di consenso di Berlusconi. Non a caso la carriera politica, equivalente ad un posto in una delle sue televisioni, diventa, oggetto di contrattazione. Il Presidente del consiglio può permettersi di gestire tali carriere come farebbe in un’azienda privata.
Non vogliamo giudicare le ragazze che frequentano la casa del premier cercando di cambiare la propria vita in una serata. Vorremmo piuttosto discutere del fatto che in una società sempre più trasformata dalla televisione, schiava dell’immagine, ossessionata dalla rappresentazione, la politica diventa uno dei modi di raggiungere il successo e i favori sessuali possono far parte dello scambio.
Neppure condividiamo quelle letture che riducono le donne a vittime e parlano di ritorno agli anni 50. Sono donne anche quelle che hanno parlato e mostrato la nudità dell’imperatore. E’ una donna Ilda Bocassini. Nella nostra vita incontriamo tante donne, magari affaticate e un po’ sole, precarie o in cerca di lavoro, ma libere e sicure del proprio valore.
Vorremmo piuttosto domandarci quale libertà e disinvoltura mettono in campo le giovani e giovanissime, aspiranti letterine o veline, ma disposte anche ad accontentarsi di un seggio in Parlamento o in un Consiglio Regionale.
Ci sarebbe molto di cui discutere, anche per noi donne.
Discutere di quella insicurezza che è il tratto distintivo della nostro vita di oggi e che ha lo sguardo – dicono le statistiche – delle giovani ragazze alle prese con un futuro negato e la precarietà di un lavoro contrapposto a dignità e diritti, fino allo scandalo delle dimissioni in bianco. Discutere della vita materiale delle donne, a cui lo stato sociale in ritirata scarica responsabilità senza riconoscere ruolo e valore.
Notiamo che troppi uomini non si sono ancora sottratti alla richiesta di complicità che il premier più volte ha sottilmente fatto parlando del suo stile di vita e le cronache sono piene di padri e fratelli che puntano sulla capacità di guadagno delle loro “ragazze”.
Crediamo sia urgente, nella politica e nella società, fare una grande e limpida battaglia politica contro questo sistema di potere e di corruzione, contro la mercificazione del corpo femminile e il modello di relazioni che propone, contro la svalorizzazione del lavoro e della vita delle donne.
Per questo abbiamo promosso e sottoscritto la lettera invito a mobilitarci “Se non ora quando?” e il 13 febbraio saremo in piazza, speriamo con tante e tanti amici. Pensiamo che debba manifestarsi sulla scena pubblica, invasa dallo spettacolo di miseria del bunga bunga berlusconiano, l’orgoglio femminile.
Titti Di Salvo, Cecilia D’Elia, Monica Cerutti
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La cultura è un diritto – La cultura è un investimento – La cultura è un bene di tutti I tagli alla cultura e all’istruzione traducono in pratica un’idea molto ostentata: quella della “cultura che non da’ da mangiare” e della scuola pubblica che indottrina. Noi non possiamo accettare i tagli alla cultura messi in atto dal governo, perché minacciano la libertà e l’autonomia delle persone, negano dignità e futuro alle cittadine e ai cittadini italiani, evocano un modello economico e sociale non sostenibile , segnano un destino di declino economico e sociale per l’Italia,contrastano il senso e la lettera dell’art.9 della Costituzione. Non a caso il Presidente della Repubblica ha sempre indicato l’investimento nella cultura e istruzione come scelta fondamentale da preservare. Ma soprattutto non possiamo accettare i tagli alla cultura messi in atto dal governo, perché l’Italia ci rimette, perché si perde più di quello che si risparmia. Soprattutto oggi – di fronte all’evidenza che l’uscita dalla crisi è possibile solo cambiando il modello di sviluppo, la struttura della produzione e dei consumi – avremmo bisogno di politiche pubbliche che orientino investimenti (e consumi) verso cultura, istruzione e conoscenza. Al contrario vengono tagliati tutti i finanziamenti pubblici al settore (altro che loro rimodulazione)sia attraverso quelli ripetuti al Fondo Unico per lo Spettacolo(FUS) che attraverso l’obbligo per gli Enti Locali di ridurre dell’80 per cento gli investimento in mostre ed eventi culturali.Al posto del mancato rinnovo del sostegno fiscale poi, la tassa di un euro sui biglietti del cinema, a carico degli spettatori . L’Italia detiene il 52% dei beni culturali mondiali e dedica l’0,20 per cento del Pil alle politiche culturali. E’ in gioco il nostro futuro, la qualità della democrazia e il percorso di vita, creativo, professionale di persone in carne ed ossa; persone che concorrono a plasmare l’universo simbolico nel quale ci muoviamo ogni giorno e sono, quindi, strumento per la creazione di identità e memoria collettiva. Invece dei tagli andrebbero fatte riforme strutturali, a cominciare dal Fondo unico per lo spettacolo, e aumentati gli investimenti in questo settore. Non si può tacere delle conseguenze di quei tagli complessivi sull’occupazione,(perfino nella ricerca per la conservazione dei beni culturali ) in un settore privo di ammortizzatori sociali, dove le produzioni si stanno delocalizzando, sta diminuendo il numero degli occupati, stanno aumentando il lavoro grigio e nero. Non si può tacere del rischio chiusura di Santa Cecilia, del San Carlo, del San Felice, dei Teatri di prosa, del Maggio musicale, di Cinecittà luce, della Fenice, del Teatro di Roma,di tutti i Teatri di tradizione,delle Fondazioni lirico-sinfoniche. Non si può tacere della devastazione del messaggio di un Governo che sceglie di privare i suoi cittadini degli strumenti di autonomia e libertà e non riconosce al settore nemmeno il diritto a un Ministro nel pieno delle sue funzioni. Non si può tacere del silenzio sulla cultura nella legge quadro sul federalismo come diritto fondamentale il cui esercizio va garantito su tutto il territorio nazionale. In questi giorni l’indignazione collettiva cresce. Si manifesta nel coro collettivo del Nabucco diretto da Riccardo Muti; nell’annuncio delle tre giornate di mobilitazione promosse da tutto il mondo della cultura; nella convocazione degli Stati generali al Teatro Regio di Torino dove è nata l’Unità d’Italia, Italia a cui cultura e istruzione hanno dato e danno oggi profilo e identità. Per questo le donne e gli uomini di Sinistra Ecologia Libertà sono con le lavoratrici e i lavoratori del settore che rischiano il posto di lavoro. Sono con le Associazioni di impresa, le tante in prima fila nella difesa della dignità della produzione culturale. Sono a fianco delle Organizzazioni sindacali che si mobiliteranno il 25 marzo.. Sono a fianco delle cittadine e dei cittadini che rivendicano il diritto alla cultura come diritto di cittadinanza. Siamo con tutti voi, per difendere il diritto alla cultura Nichi Vendola, Presidente di Sinistra Ecologia Libertà Gennaro Migliore, Coordinamento nazionale di SeL Titti Di Salvo, Presidente CIV Enpals, Ente previdenziale dei lavoratori dello spettacolo e dello Sport Cecilia D’Elia, Assessore alla Cultura e vice-presidente della Provincia di Roma Massimo Mezzetti, Assessore alla cultura della Regione Emilia FRomagna“Cultura, non si può tacere”. L’appello.
Il Quirinale: «Il Nord abbia
coscienza di come divenne Italia»
"Spero che in altre parti del Paese, a Milano, a Venezia, a Verona - ha spiegato il presidente -, si ripetano iniziative come questa affinchè abbiano la coscienza di come divennero italiane". "Con questa iniziativa - ha aggiunto - la Romagna mostra di avere coscienza delle proprie radici, del proprio contributo al moto risorgimentale". L'iniziativa, intitolata 'Come fu che la Romagna divenne italiana', è stata illustrata attraverso una ricostruzione per immagini e cenni storici dal sindaco di Forlì, Roberto Balzani.
Napolitano, dopo aver deposto questa mattina una corona di fiori ai piedi della statua di Aurelio Saffi, ha lasciato Forlì per recarsi a Ravenna dove nel pomeriggio proseguiranno le iniziative per la celebrazione dei 150 anni dell'Unità d'Italia.
«Le mie parole sul tricolore e sul 150mo anniversario dell'unità hanno avuto una qualche eco nel paese, sono state ben comprese e hanno suscitato reazioni largamente costruttive: è mio compito e dovere reagire affinchè non ci siano divisioni nel paese in una fase in cui l'Italia ha bisogno di coesione e di slancio per reggere le sfide complesse e impegnative che abbiamo davanti». Lo ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, aprendo il suo intervento al Teatro Alighieri di Ravenna, poco prima di lasciare la città romagnola al termine delle celebrazioni per il 150mo anniversario dell'unità.
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UNA GUERRA PER IL PETROLIO
Giovani senza lavoro al 28,9%
disoccupazione record dal 2004
Gli occupati a novembre risultano in lieve crescita dello 0,2% (50 mila unita') rispetto a ottobre e dello 0,1% (14 mila unita') rispetto a novembre 2009. L'Istat sottolinea che l'aumento si deve alla componente femminile, per le regolarizzazioni di collaboratrici domestiche e assistenti familiari ed il presumibile effetto del part-time. Cresce ancora il tasso di disoccupazione giovanile, che tocca il record dal 2004, cioè dall'inizio delle serie storiche. A novembre, stima in via provvisoria l'Istat, il tasso di disoccupazione giovanile sale infatti al 28,9% con un aumento di 0,9 punti percentuali rispetto a ottobre e di 2,4 punti percentuali nel confronto con novembre 2009.
martedì 28 dicembre 2010 12:13 - di Marina Nemeth - Categorie: Vetrina

«La vicenda Mirafiori e’ dirimente. Unisce chi ha un’altra idea di Italia». Il leader della sinistra: il Pd non abbia paura di unire il centrosinistra. Alleati col Terzo polo? C’è chi ha votato la riforma Gelmini
ROMA «Temo che il 2011 possa essere un percorso doloroso per una parte del mondo del lavoro e del non lavoro», dice Nichi Vendola. Le previsioni del presidente della Regione Puglia non sono confortanti. «Ci saranno – spiega – gli effetti delle manovre finanziarie di Tremonti, che cadranno sul corpo gia’ indolenzito del lavoro dipendente e del mondo della famiglia e dei pensionati. Sara’ un anno in cui vedremo esplodere in maniera acutissima la crisi sociale del Paese».
Prevede nuove, impetuose, manifestazioni di piazza?
In realta’ ci sono già tutti i giorni, dappertutto. Non solo quelle nel mondo dell’industria privata, ma un ribollire di vertenze e di lotte a tutti i livelli: penso ai settori della pubblica amministrazione, alla sanita’. Contemporaneamente c’e’ una perdita del potere di acquisto del salario e delle pensioni: le famiglie si impoveriscono e vedono nello steso tempo dimagrire le dimensioni del welfare. Questo accade in un Paese gia’ frastornato da un fatto inedito, che e’ la perdita di capitale sociale legato al futuro delle giovani generazioni.
Il lavoro, appunto. Sulla proposta Marchionne il Pd e’ diviso: Chiamparino e chi appoggia la linea Fiom- Cgil. Lei che posizione ha?
Non e’ solo una sfida arrogante contro il mondo del lavoro. E’ l’idea di un restringimento secco degli spazi di democrazia in questo Paese. Si vuole mettere il bavaglio a tutti coloro che non si allineano, imponendo l’eliminazione del sindacato che e’ renitente alla leva di Marchionne. Chi non e’ d’accordo non ha piu’ diritto ad esistere nei luoghi di rappresentanza dei lavoratori.
Altre aziende potrebbero adottare questo modello.
Il tema che dovremmo affrontare e’ cosa produrre, e poi come produrre. E la Fiom non si e’ mai sottratta ad un negoziato su come produrre. Reagisce alla capitolazione del sindacato. Da questo punto di vista ha cominciato una battaglia che non ha solo valore sindacale, ma civile e culturale, sociale.
Cambiamo argomento. Bersani le chiede piu’ generosita’ e rilancia una alleanza costituente che comprenda anche il Terzo polo.
Non penso di avere un difetto di generosita’. A molti che hanno l’abitudine di polemizzare con argomenti venali, e talvolta usando anche l’arma della contumelia, ho sempre replicato parlando di politica. Non ho mai accettato il terreno del ping pong polemico e ho replicato con quelli che chiamo i comizi d’amore.
In sostanza il messaggio e’: prima delle alleanze confrontiamoci su un programma?
Abbiamo una occasione straordinaria che e’ quella del caso Marchionne e Mirafiori. Un punto dirimente per costruire una visione e una coalizione con coloro che si sono opposti, per esempio, alla riforma Gelmini. In fondo cosa e’ un programma? E’ mettere insieme un’idea dell’Italia e della salvezza di questo Paese che oggi vive un declino drammatico.
Ma Sel un programma ce l’ha?
Vorrei capire perche’ lo chiedono soltanto a me. Comunque e’ riassumibile efficacemente con lo slogan: contro la precarietà. La destra ci ha promesso all’inizio della stagione berlusconiana la societa’ delle tre i: impresa, inglese, informatica. E ci ha regalato l’Italia delle tre p: poverta’, precarieta’, paura.
Nell’ipotesi di elezioni anticipate Sel andrebbe da sola?
Il popolo del centrosinistra chiede ai partiti del centrosinistra di essere capaci di una grande unita’ con il popolo e con i soggetti sociali in movimento e di saper lanciare una grande sfida innovativa. Da questo punto di vista noi siamo pronti non a vivere una piccola e modesta avventura elettorale, ma a sentirci costruttori del cantiere dell’alternativa al berlusconismo.
Quindi il bipolarismo non e’ finito?
E’ finito quello all’italiana. All’orizzonte mi pare ci sia comunque il Terzo polo, ovvero ci siano tre poli della scena politica italiana.
Ma Bersani vi vuole tutti insieme.
Il Terzo polo ha già risposto. E comunque in quell’ambito c’è anche chi ha votato la riforma Gelmini e sta continuando a votare progetti fondamentali del governo Berlusconi.
Si riferisce a Futuro e liberta’? Quindi gia’ boccia l’ipotesi Bersani.
Alla fine, per paradosso, si puo’ arrivare ad allearsi anche con Berlusconi per sconfiggere Berlusconi. Il problema, in realta’, e’ discutere di quale Italia vogliamo, di quali sono le ragioni del declino del nostro Paese e di un grande disegno riformatore.
A Natale a Berlusconi ha augurato di essere un buon nonno. Cosa augura al Pd per il 2011?
Quello che auguro a tutto il Paese. Di non avere piu’ paura.
Marina Nemeth
da: Il piccolo
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G8, "Siamo in 50mila" in corteo 10 anni dopo
24.07.2011 11:50Contatti
Sfida cerchiamo tutti gli italiani che non voteranno Berlusconi